Leggere i segnali
Qual è la società che fra democratura e dittatura non aiuta le monadi smarrite a piegarsi, flettersi e arrovellarsi intorno all’asse perpendicolare (axis mundi) per renderle simili all’immagine dell’uomo forgiata dalle dottrine misteriche di dio, del popolo, dell’uomo? È così che la formula misterica di «essere umano» è di chi uccide senza colpa e senza pena per accumulare l’«avere umano» e anche gli umani come avere, tale è la schiavitù.
I cambiamenti epocali non toccano l’era intellettuale, non hanno presa sulla parola. Il narcisismo della parola è inderogabile. I suoi segnali non colti, non analizzati, senza enunciati e senza enunciazioni, lasciano alla pianificazione mortifera e mortale l’impalcatura di segni di morte. Eppure nessun segno è trinitario: nessuna significazione del segno. Nessun fallo significante da strappare per sopravvivere in una diagrammatica erotica, come il sociologo che va a farsi sbattere nei bordelli per provare e riprovare il godimento ultimo, quello dell’ultimo tempo e dell’ultima morte. La parola non muore. La parola è innegabile, indistruttibile, inimmaginabile. È l’incubo dei tiranni, dei despoti, dei vampiri, degli idoli e degli spettri vincolanti, sino a svanire nell’aporia sincopale, il cui araldo è Lenin. Il campione del pianeta in tutta la sua pianificazione per non leggere i segnali: mal di testa, insonnia, svenimenti, emorragie cerebrali, ictus, paralisi. Nessun esperto, non solo medico, si permette d’analizzare i segnali fra l’anteguerra, la guerra incivile e la distruzione di più nazioni. Psicopatologi e psicocriminologi s’inchinano dinanzi al re tiranno che uccide.