Questione blasfema
Il linguaggio è la casa dell’essere? Blasfema è la questione: il linguaggio è anche la casa dell’avere? L’essere è stata la mucca da mungere nella baita di Todtnauberg. Mucca misterica, linguaggio misterico, casa misterica, homo mistericus. Né l’essere né il linguaggio sono abitabili e nemmeno abbattibili. L’essere come motore principiale è la trappola dell’ufficio reclutamento di Heidegger: molti sono i reclutati nelle università del mondo.
Il linguaggio è la casa del (non) dell’essere. Il linguaggio è la casa del (non) dell’avere. Dov’è a casa il (non dell’essere)? Nella funzione di uno, la funzione di resistenza. L’uno resiste all’essere e la parentesi distingue il sentiero dal bordo della funzione. Dov’è a casa l’essere? Nell’uno non preso nella funzione, ossia nel suo bordo. Nessuna mano umana, animale o divina ha presa sulle funzioni della parola: funzione di zero, funzione di uno, funzione di Altro. Uno non è uno. L’uno si divide da sé e differisce da sé. Il (non) dell’essere: nessuno ha presa sull’essere. Nessuna ontologia.
I pensatori non sono custodi e non portano a compimento nulla. I pensatori con il loro punto di vista circolano: si lanciano nel futuro e tornano dal passato giusto in tempo per l’altro inizio.
La manifestatività dell’essere appartiene al punto di vista, allo spettacolo, alla prospettiva della prospettiva.
Il dire dei pensatori e dei poeti conduce la manifestatività dell’essere al linguaggio e nel linguaggio la custodiscono. Solo la ristrettissima cerchia di pensatori e poeti (Heidegger e Hölderlin) conducono la manifestatività dell’essere, in loro ostaggio. La conducono alla loro lingua, sprache, tutti gli altri non dicono, non parlano e non conducono la manifestatività dell’essere, poiché sono nel non essere e non dimorano in nessuna lingua. I non pensatori e non poeti sono lo spettro dell’idolo combinato disposto HH, Heidegger & Hölderlin. La lingua senza l’essere e la sua manifestatività è la lingua dell’arbitrio dei pensatori e dei poeti. Le guide. Gli altri sono guidati e deportati nei campi di morte. Eppure le stesse guide salgono sull’altare di fuoco per immolarsi. La questione è che non c’è la lingua di sistema, la lingua sociale e politica, la lingua comune. C’è l’alingua, impensabile, il cosmo delle costellazioni linguistiche, specifiche a ciascun caso.