Leggere Verdiglione
N. 21 • Nessun passato arcaico
Lettura de La psicanalisi questa mia avventura di Armando Verdiglione. Ancora il paragrafo “Sovversione della ragione”, nel capitolo “Come divenire psicanalista”, pagina 32.
Riprendiamo con l'esplorazione intorno al “fatto”, alla produzione del fatto. «Il presupposto dell'immobile non ha mai tollerato che una donna si travesta del corpo, faccia del corpo una maschera. Il simile, per esempio quello attribuito all'immagine, viene tratto dal presupposto dell'immagine immobile o unitaria: è in questa concezione che un gruppo si attiene al criterio della somiglianza delle immagini», e questa somiglianza dell'immagine, per l'appunto, è presunta, è l'immagine ideale, perché l'immagine immobile è l'immagine ideale, l'immagine di spirito; ma può anche trovarsi in mobilizzazione totale e non solo in paralisi quale sua acme. La mobilizzazione totale è paralitica.
«Il fascino presiede alla teoria del corpo, cioè alla sua contemplazione, in quello svelamento che ha il compito di dimostrare l'assenza di mancanza. Poiché la magia parte da una fede nell'indifferenza, la “riuscita” è scontata» È la riuscita sociale, la riuscita spirituale, la riuscita dell'idea dell'idea, la riuscita del nome del nome, la riuscita del nome dell'Altro e in tal senso l'atto è mancato.
In quanto eccedente a questi spiritualismi «l'esca deve assumere il posto del sembiante», quindi diventa causa e si avvia la conversazione con l’esca, la conversazione fra sé e sé a proposito dell’esca. «La presunta comunità dell'inconscio forma un tatuaggio perfetto, una disciplina completa», quindi come legge qui il tatuaggio Armando Verdiglione? Lo legge come la scrittura della scrittura, la scrittura riuscita, idealmente riuscita. Il corpo ideale è il corpo integralmente, totalmente scritto. Il corpo scritto è il corpo che non mente, è un corpo padrone, è un corpo schiavo, “una disciplina completa”. “La presunta comunità dell'inconscio forma […]una disciplina completa”, la comunità dell'inconscio e qui è l'inconscio come l'inconscio ideale, l'inconscio come nome del nome, come nome dell'Altro. È l’inconscio come discorso dell’Altro. La nominazione della nominazione della nominazione.
Com'è che la disciplina è completa? La disciplina è dettata dall'idea stessa di comunità, dall'idea di avvenire in comune, secondo il principio di uguale. E la disciplina è il cerimoniale, è la penitenza, è l'attuazione della pena, della pena che è dettata. Apollo detta a Edipo di proclamare il criminale che è lui stesso.
«La catatonia compie appunto la parodia del corpo morto che essa anticipa nella parvenza di un'assimilazione». La catatonia è giunta all'assunzione dell'enunciato “mi volete morta”: eccomi qua, pronta all'esecuzione. Immobile, morta, come mi volete: innocente assassinata.
«E il “discorso psicotico” insegna che l'immagine nella sua erogeneità non è totalizzabile, che essa si muove», e in effetti si muove.
C'è qualcosa dell'ascolto, la voce non è tolta, non è soppressa, c'è il lamento, l'urlo, il vagito, che cosa c'è? «L'illusione agisce come erotizzazione delle immagini semoventi, non delimitabili, allucinate, cioè colte nella loro divagazione». Cos'è l'illusione? E che cos'è un'erotizzazione dell'immagine? La magia cosa fa dell'immagine? Le toglie la sua semovenza, l'ipnosi cosa fa dell'immagine? Le toglie la sua alterità. Una toglie il cinema, l'altra toglie il teatro.
«Compie quindi il percorso di una pornografia non diretta dal criterio dell'avvenire». Nessun passato arcaico di una pornografia del profondo. L'immagine non è erotizzabile, non è fissabile nell’immagine dell’immagine, nella sua riproducibilità infinita, di variabile in variabile. Nella divagazione delle immagini si compie quindi il percorso di una pornografia non diretta dal criterio dell'avvenire. Qual è il criterio dell'avvenire? È l'idea dell'avvenire. Com'è che c'è un criterio dell'avvenire? C'è un'idea dell’idea, un sovrappensiero. È un'idea dell'avvenire che forma il criterio. Il criterio consiste nella sua dettatura e quindi è decreto, proclama, editto. E questo criterio ha come altra faccia la sua esecuzione. Ecco il cerimoniale, e per ridondanza “cerimoniale esecutivo”: pleonastico, è cerimoniale già l'esecuzione, com’è esecuzione già il cerimoniale. L'altro nome del cerimoniale è esecuzione, nella favola teorica.
Il criterio dell'avvenire è dettato per garantire, assicurare, certificare l'arcaismo. Certamente l'idea dell'avvenire forgia il passato, ma quell'idea da dove viene? L'idea dell'idea è già l'idea dell'avvenire, è già l'idea del presente, è già l'idea del passato, è già l'idea del sistema, è già l'idea spirituale, è già l'idea demonologica, è già tutto del tutto del tutto.
«Per Frege la figura costituisce il resto irriducibile dell'immagine», quindi non la copia fissa, non la figura fissa, ma il resto, la figura, «senza nulla di unitario».
«Non ci sono due figure uguali», non ci sono due immagini uguali, non c'è nessuna idea dell'idea, perché l'idea dell'idea non è l'idea, è disuguale dall'idea, l'idea dell'idea non può sostituire l'idea, non c'è convertibilità tra l'idea dell'idea e l’idea, cioè tra il fantasma e l'idea. Ecco perché l’idea lascia il fantasma alla sua (in)consistenza: è l'idea che opera. Il fantasma come idea è idea dell'idea, e blocca l’idea nella presunta conversione. La cosa non funziona e quindi è reiterata all'infinito. Quando il fantasma nell’atto è l’asterisco dell’idea si sfata la sua riproduzione economica come fantasma materno.
«Proprio in quanto l'oggetto si offre soltanto in un'esca attraverso cui si sottrae». Oggi: attraverso cui si distrae, attraverso cui si sottrae, attraverso cui si astrae? È rispetto alla sottrazione, al punto di sottrazione che interviene il teatro, che interviene la maschera nell'elaborazione di Verdiglione. «Proprio in quanto l'oggetto si offre soltanto in un'esca»: c'è un'esca dell'oggetto, ma l'esca non è l'oggetto, l'esca è il rimbalzo dell'oggetto, è il rimbalzo dell'immagine. L'oggetto come sembiante nella dimensione delle immagini. Il sembiante “nella” sembianza, è la condizione, è il punto di fuga tra le immagini, nonché punto di caduta e punto di schisi. Il sembiante è un'immagine? C'è il suono del sembiante, nell’aria del soffio e del respiro?
«Un’esca attraverso cui si sottrae [l’oggetto], la sua maschera storna quel bisogno che la presume prendibile», quindi proprio in quanto l'oggetto si offre soltanto in un'esca, che è maschera nel teatro, nella frase. Nessuna presa sulla maschera. Che relazione c'è tra il sembiante, la maschera e l'esca? La maschera e l'esca nel teatro? Qual è l'esca nel cinema? Qual è l'esca nel film della vita?
«La dottrina del bisogno presuppone un corpo sofferente che si riscatti trasformandosi nel corpo del lavoro. Il bisogno forma l'elemento di un'umanizzazione del corpo». Vale per la fabbrica, l’ufficio, nonché per la chiesa, la caserma, la palestra, il circo e l’arena. È la dottrina del bisogno: cosa mangi oggi? Dove interviene il denaro, la moneta? Come arrivano i cibi in tavola? Come arrivi al letto per dormire? Come arrivi al lavello per rinfrescarti quando ti alzi? «Più in generale il criterio di una comunità che miri a una corretta interdipendenza dei suoi elementi sta nel porre un bambino plagiato da rendere alla legge, da umanizzare, da guidare entro un'economia del plagio». C’è anche la variante althusseriana di chi è plagiato dal bambino che dentro di lui detta la sua legge perversa. Ironia di un destino enunciato come assegnato, non senza ironia.
Anche la dottrina dei bisogni di Àgnes Heller presuppone un corpo sofferente che si riscatti trasformandosi nel corpo del lavoro. Questa è la via imperiale, poi c'è la via del dominio, che presuppone un corpo criminale che ricatta trasformandosi nel dominio del lavoro dell'Altro. Per un verso il bisogno nella penuria forma l'elemento di un'umanizzazione del corpo di sé, per l’altro verso il bisogno nell'abbondanza, forma l’elemento di una disumanizzazione del corpo dell’Altro.
Se la dottrina del bisogno presuppone un corpo sofferente: è la dottrina della sofferenza. La dottrina del crimine presuppone un corpo gaudente: è la dottrina del godimento, che ricatta trasformando ogni altro nel corpo del lavoro, anche erotico. Questa è la schiavitù, in ogni luogo e tempo.
La dottrina “sottana” della sofferenza è la dottrina della psicopatologia. La dottrina sovrana del godimento è la dottrina della criminologia. Consustanziali a queste dottrine la dottrina dell’affettività e la dottrina dell’aggressività. La dottrina della pace e la dottrina della guerra. Dottrine che nella loro principialità sono emanazioni del principio di uguale.
La questione, anche linguistica: qual è l'anfibologia del bisogno? Chi è che ha bisogno e chi è che non ha bisogno? Anfibologia anche fra sazietà e fame? Chi è sazio non ha bisogno di qualcosa d’altro? Il padrone, il dominus, il possessore, è sazio di sostanza, mentre non è mai sazio del nulla. Il servo, l’imperatore, il posseduto, è sazio di morte ma non è mai sazio di sostanza, in tutta la sua mentalità. Nell’alternanza e nell’alternativa Cesare era dominus e imperator, marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti.
«Il bisogno forma l'elemento di un'umanizzazione del corpo», nonché della scena. L’oscenario è la raccolta impossibile di tutte le erotizzazioni del corpo e della scena. Il bisogno del padrone è quello della predazione dell'Altro, e va con l'episteme quale forma manifesta di un'eccedenza sovrana del corpo e della scena, un'eccedenza bestiale, una padronanza bestiale. Infatti la guerra bestiale è la guerra d’offesa ipostatica, mentre la guerra di difesa epistemica è una guerra di eccedenza umana, troppo umana, una guerra offesa, una guerra sottana.
Ancora. «Il bisogno forma l'elemento di una umanizzazione del corpo. Più in generale, il criterio di una comunità che miri una corretta interdipendenza dei suoi elementi, sta nel porre un bambino plagiato da rendere alla legge, da umanizzare, da guidare entro un'economia del plagio.» Chi sono i plagiatori? È un'economia che è dettata da una finanza del plagio, dalla padronanza del plagio, chi sono i padroni del plagio? Chi sono i padri di questo bambino plagiato? Chi vuole plagiare il bambino? Com'è che Louis Althusser giunge alla formulazione: “In ogni uomo c'è un bambino perverso che detta la sua legge”? Sarebbe quel bambino perverso che ha provocato l'uccisione di sua moglie: non è lui che l'ammazza, ma il bambino perverso che dentro di lui detta la sua legge. Lui non è il bambino perverso. Che fallo o che “casso” è? “Casso” c’è nell’alinguistica di Dante. È l’irresponsabile a piede libero, mentre l’innocente è per l’esperto e per l’inquisitore responsabile dei “suoi” piedi di piombo.
Chi è l'unico? Cos’è la comunità? L'unico senza comunità e la comunità senza l'unico, in cui tutti sono soci unici? La compagnia di ognuno per sé, per il monopolio del pane, nonché del vino. Quindi la comunità che mira la corretta interdipendenza dei suoi elementi e l’ideale che si realizza nella scorretta padronanza dei dipendenti. E quali sono i dipendenti interdipendenti? Tutti i bambini. Ognuno è un bambino plagiato da rendere alla legge, a chi? All'unico, il legislatore. All'unico, il moralizzatore. All'unico, il clinico psicopatologico e il clinico criminologico. La necessità del bambino plagiato è genealogica e gerarchica, verticale e orizzontale. I fratelli, maggiori o minori, “magistri” (non ancora magistrati) o ministri plagiano il bambino affinché riproduca economicamente l’ereditarietà dello spirito parricida, fratricida, matricida. Ecco il tentativo stremato di assoggettare chiunque, di assassinare l'innocenza e non solo l'innocente. L’assassinio dell’innocenza è oggi lo spirito dell’oligarchia mondialista. L’assassinio dell’innocente è lo spirito di ogni scissionista della vita. La cosa non riesce, non è mai riuscita e non riuscirà mai. È il mito di Abele, il mito di Cristo, il mito di Giordano Bruno, il mito di Armando Verdiglione. È il mito del cittadino, nomade delle galassie.
Il bambino da umanizzare, nel senso da ridurre alla funzione di morte, «da guidare entro un'economia del plagio», cioè da guidare entro la divorazione di sé e la divorazione dell’Altro. Tale è il cannibalismo totale e totalitario, con differenziazioni e variabili nelle varie dottrine. Non è un’esclusiva dell’islam: “Io ti divoro, se non ti divoro è perché tu puoi sopravvivere autodivorandoti e economizzandoti al lumicino, perché intanto sottovivi, sottomesso, prostrato, della tua autofagia, e sempre intanto lavori gratis o quasi per la schiera divina”. Questo è quello che propone ognuno a ogni altro, anche nelle cosiddette guerre: o ti ammazzo o ti riduco in schiavitù. La guerra di difesa e la guerra di offesa sono fatue, oltre che infami e vili.
Nella guerra arcaica, che non s’interrompe nei cosiddetti periodi di pace, ognuno è ridotto alla funzione di morte e quindi ognuno tende a sopravvivere, uccide l'amico, si mangia il suo pane, divora il cadavere dell’amico. Il cannibalismo non è l’eccezione di Issei Sagawa. Ognuno è Issei Sagawa. Ogni scissionista è cannibale. Ogni spiritualista è cannibale.
«La metafora dell'amore forma la metafora spirituale dell'istituzione», e così la metafora dell'odio forma la metafora militare, che poi diventa spirituale, dell'istituzione. C'è la metafora dell'amore religioso, la metafora dell'odio militare e divengono la metafora amministrativa dell'odio-amore.
Variabili nell’oscenario dell’attrazione e della repulsione fatali: l'amore quale metafora dell'odio-amore, l'amore quale metafora dell'amore-odio; l'odio quale metafora dell'odio-amore, l'odio quale metafora dell'amore-odio. Eccetera, per ordini superiori o inferiori di algebre e di geometrie dell’amore e dell’odio.