Redigere la vita
Per chi evita il dispositivo redazionale, che non cessa d’instaurarsi, una circostanza vale l’altra, quali che siano le terre e i mari, fra terremoti e maremoti in un bicchiere o in un piattino da dessert. Per chi evita la redazione la linguistica lascia il posto al turpiloquio, alla calunnia, alla diceria della significazione del fallo e del casso. Senza il dispositivo redazionale c’è chi sale e chi scende, chi ingrassa e chi dimagrisce. Senza il narcisismo della vita, il dispositivo redazionale è in ostaggio delle fake news: l’idea di sé e l’idea dell’Altro.
Per il principio di uguale l’anoressia intellettuale è uguale alla bulimia inintellettuale. Chi evita la redazione evita il dispositivo nutrizionale e ingoia il pattume informativo di tutti. Chi evita la redazione della sua nota entra nella contesa, nel pólemos, nella guerra di famiglia e di gruppo: gli indici paiono statuti, funzioni: osserva il canone dell’alternanza e dell’alternativa. Il ghenotico ti massacra e attribuisce il massacro all’ieratico? Chi evita la redazione si consegna alla demonologia e tiene per sé l’angelologia. Chi evita la redazione è l’angelo necessario. Il demone necessario non evita la redazione: la demolisce e abita la demolizione. Homo demolitor, homo bulldozer.
Chi evita la redazione giustifica la non redazione. Chi evita la redazione non sta all’appuntamento.
Il silenzio kenotico è il silenzio esoterico. Il silenzio pleromatico è il silenzio essoterico.
Sono le due facce del silenzio negato e coperto: il silenzio assunto dallo statuto sociale degli eletti e dei seletti, fra il dio nascosto e il dio rivelato, è il silenzio assunto da chi fa “le bon vivant”, nonché l’interventista, e il silenzio ricusato da chi “fa il morto”, da chi se ne sta in ritiro e in riserva. Entrambi possono predicare e praticare il passo indietro.
Senza il silenzio, ognuno si chiude nella redazione e non sa più cosa scrivere, per evitare di scrivere quello che presume l’Altro pretenda che lui scriva. Fra la logorrea e il mutacismo si compie la ballata dell’ultimo redattore che nel sole dell’avvenire scriverà l’ultimo testo. Idealmente perfetto.
Senza il dispositivo redazionale, l’esigenza linguistica di scrittura dell’esperienza muta nelle obiezioni alla scrittura dell’Altro, che predilige la scrittura di Abele a quella di Caino. Caino ha la chance di non uccidere Abele e per interposta persona non uccidere Adamo, per restare dinanzi a Dio senza ucciderlo. La redazione ideale è la redazione del nome del nome: del nome del nulla e del nome della morte.
L’instaurazione del sembiante spalanca i battenti alla redazione, anche perché l’uno non è l’uno e nessuno è nessuno.
La luce non illumina. La dicotomia illuminato/oscurato appartiene all’alternanza e all’alternativa dell’arbitrarietà del discorso. L’illuminato sa. l’oscurato non sa. Il sapere ideale, negato, è attribuito socialmente a una ristretta cerchia e negato alle moltitudini accerchiate. Ai pochi e ai molti sfugge la redazione.
Il canone dell’omertà impedisce la redazione. Il principio di uguale impedisce la redazione. L’animale fantastico impedisce la redazione. 0=1 e 1=0 impedisce la redazione. L’algebra e la geometria impediscono la redazione.
Chi si preclude la redazione: si lancia nel futuro, ritorna dal passato, giusto in tempo per uccidere suo padre un istante prima di nascere. Chi si preclude la redazione ha la famiglia come ghénos.