Leggere Verdiglione n. 17
INCONSCIO, NOMINAZIONE
Lettura di Armando Verdiglione, La psicanalisi, questa mia avventura. Il primo libro di Armando Verdiglione, pubblicato da Marsilio nel 1978 e in seconda edizione da Spirali nel 1997.
Nei sedici incontri precedenti, in versione video, abbiamo letto la prefazione e parte del primo capitolo. L’idea era di proseguire con un video per ogni capitolo, ma la materia non si è prestata. Riprendiamo così con un laboratorio di letture audio registrate di cui forniamo via via le trascrizioni, con una prima redazione.
Riprendiamo dal primo capitolo, “Logica della follia”, pagina 27. Una citazione da Jacques Lacan, Conférences et entretiens dans des universités nord-américaines, in «Scilicet», n. 6-7, 1976, p. 25: «[…] non abbiamo nessun mezzo per sapere se l'inconscio esista fuori della psicanalisi».
Ci troviamo nella lettura di questa frase: “non abbiamo nessun mezzo per sapere”, come se, non per l'inconscio ma per altre questioni, ci fossero i mezzi per sapere. Il sapere è un effetto. Il mezzo per sapere è al netto di questo effetto. È senza questo effetto. È la negazione dell'effetto per una “mezzadria” del sapere, l’idea che non abbiamo nessun mezzo per sapere se l'inconscio esista fuori della psicanalisi.
Nemmeno con questa citazione Lacan è un riferimento per Armando Verdiglione, ossia non è preso nel paragone o nel confronto falloforici. Per questa via Verdiglione precisa come la nozione d'inconscio in Freud sia nell'atto, nell'originario della parola, senza lasciarsi fuorviare dall’idea di un luogo della parola originaria, come se ci fosse il conscio, l'inconscio il subconscio, il preconscio… come se ci fossero queste entità sostanziali e mentali, che poi verrebbero scambiate e starebbero al posto della materia della parola.
Qual è la materia dell'elemento linguistico inconscio? Ebbene l'inconscio come la nominazione, l'inconscio come l'idioma, l'inconscio come la dissidenza. Siamo giunti per tutt'altra via alla nominazione, non con l’inconscio ma con la vita. È la via dell'esplorazione. Che cosa fa Freud dinanzi alle teorie della vita forgiate nei millenni? Freud ha dinanzi la fake news planetaria che è arrivata nei cervelli (l’analizza nel suo scritto inaugurale sulle afasie), negli organismi (in quanto di più intimo ci sia nell'organismo, scrive Lacan negli Scritti); e quindi la vera vita quasi non si enuncia. Freud reperisce i segnali della vera vita in quelle che chiamerà le formazioni dell'inconscio, e quindi il lapsus, il sogno, la dimenticanza, la sbadataggine l’umorismo, il motto di spirito. Ora non è che chiamare queste manifestazioni della vita “formazioni dell’inconscio” abbia sortito la ricerca originaria della scienza della parola, giacché è prevalso il concetto d’inconscio misterico, laminato dal maglio dell’antica fonderia aristotelica, che aveva appiattito anche la farmacia platonica. L'inconscio può ancora prestarsi e si presta al punto da reggere ogni arcaismo.
La nominazione è la vita, non è il discorso della morte, che permea Lacan con la nozione di nome del padre, che ci tiene a precisare che si tratta del padre morto. La nominazione che introduce Armando Verdiglione è irrecuperabile dal sistema e dalla sua unilingua. Il padre non muore, il nome non muore. La vita non si spacca in due fra viventi-morti e morti-viventi, fra sopravvivenza e sottovivenza, fr algebra e geometria, fra padroni e schiavi, fra amici e nemici.
La nominazione, l’anomalia, la dissidenza, l’idioma: questi laboratori sono instaurati da Armando Verdiglione sin dal suo debutto del 5 febbraio 1973: la sua testimonianza civile, il suo caso di qualità e i suoi primi scritti si trovano ne La psicanalisi questa mia avventura e ne La dissidenza freudiana, edita lo stesso anno presso Feltrinelli.
Nella leggenda potremmo impiegare i termini delle difficilissime teorie, che tra l'altro sono il nostro pane quotidiano, fra l’homoplex e l’homoflex, ma basta accorgersi che per ciascuno la vera vita ha una sua linguistica particolare, che nessuna lingua di sistema possa assorbire. Allora, nell’atto l’inconscio è l’asterisco della nominazione. Lacan lo sfiora l’asterisco, in un gioco di parole fra unbewußten, inconscio, e une beuve, una svista.
Il manifesto della vita e le sue manifestazioni: la vita è insopprimibile, inderogabile, integra. La breccia di Armando Verdiglione è l’unica breccia che non si racchiude: la cifrematica è inintegrabile con le dottrine misteriche e le loro dépendances, le scienze umane.
Laddove l’esperienza s’imbatte nel regime di moratoria, laddove è in gioco il fantasma e la sua esecuzione nella sconfitta della morte per una vita ideale, la vita manda segnali, asterischi, indici, sentinelle. La linguistica di ciascun caso è intoglibile, e anche desistere dagli enunciati, quali teoremi e assioni, rilancia un altro segnale.
La cifrematica di Armando Verdiglione è l’aritmetica e la cifratica della vita, del viaggio, del gerundio: è la scienza che procede dall’apertura della parola e procede per integrazione, fra il cielo e il paradiso, fra il rinascimento e la poesia, l’impresa, la politica.
Le abitudini, che hanno portato alla negazione quasi totale della vita, sono le stesse che permeano la ristretta cerchia (magica e ipnotica) di esperti e di inquisitori che da cinquant’anni danno la caccia all’innocente. Eppure anche agli scribi liturgici e cerimoniali non è preclusa la chance di leggere e analizzare gli enunciati. È rarissimo, ma può capitare un gesto, una parola, il tono di un incontro è può intervenire l'autenticità. L’evento, il miracolo interviene facendo, brigando, leggendo, vivendo, senza mai rinchiudersi nella tana unitaria o nel mondo quaternario del templare di Meßkirch, entrambi campi concentrazionari.
Formulo adesso come se fossi in un midrash ironico, cifrematico, la stessa frase con il lessema vita. È così che lavorano nei midrashim i maestri del midrash, più che ricercatori sono i compitori, ossia portano a compimento la lettura della sacra scrittura.
Allora «non abbiamo nessun mezzo per sapere se la vita esista fuori dalla psicoanalisi»! Eppure è per questo che Verdiglione prosegue nella sua arte, nella sua cultura e nella sua scienza. Nella sua analisi e nella sua lettura anche le dottrine più moderne risultano arcaismi riprodotti economicamente, di cui nessuno ha mezzi per sapere se la vita esista.
Inoltre, leggendo Verdiglione, la vita è vivendo e non esistendo. La vita non esiste. La vita che esiste è la vita fottuta, è la vita ideale, è la vita a morte, la vita di due parti sempre nell’ultima guerra. Infinite le dicotomie, le coppie oppositive che ne sorgono. È un'enormità allora l'inconscio quale nominazione: è l'occasione per ciascuno di divenire dispositivo d’interlocuzione autentica e immunitaria.
Quel che c'è nella cifrematica di Armando Verdiglione non c'è da nessun'altra parte. È già una chance immensa intendere qualche dettaglio di quel che Verdiglione intende. C'è chi si trova in questa avventura, in un cammino in un itinerario di analisi, di lettura, di linguistica dell'esperienza e non del discorso comune, non del discorso universale. È chi non cerca di avere nessun mezzo per sapere se la vita esista.
Intanto, avere e non avere? Il NON dell'avere sfata l’anfibologia, che è anche di Marx. È proprio per il NON dell'avere che non c'è nessuna aveologia, e è per il NON dell'essere che non c’è nessuna ontologia. Per il NON della funzione di nome e per il NON della funzione di uno. Funzione di nome o funzione di zero e funzione di significante o funzione di uno? Forse la nozione più precisa rispetto a quella così imprecisa di significante è quella di segno, quella più vicina all'asterisco che pone il significante nell’atto. Certo la questione di uno sfata la credenza nel doppio, ma rispetto al segno c’è la semiotica della vita, che Verdiglione indaga rispetto alla funzione frastica dell’uno.
Parodia quella di Lacan di affermare che non abbiamo nessun mezzo per sapere se l'inconscio esista fuori della psicanalisi? Oppure è caricatura per confinare il campo freudiano nel giardino alla francese?
Non abbiamo nessun mezzo per farci un'idea della psicanalisi? Psicanalisti sono coloro che hanno l’idea che nessuno ha? Nessuno ha l'idea: perché? Perché l'idea della psicanalisi è l'idea che ognuno ha del suo avvenire. E così ogni psicanalista forgia la psicanalisi arcaica, quella che è la negazione dell'originario. Il fantasma arcaico è l'arcaismo, non è il fantasma del principio: è già arcaismo nella formulazione come idea dell'avvenire. Come idea della psicanalisi è la psicanalisi dell’avvenire, e non è che sia la riproduzione economica del fantasma arcaico: lo forgia il fantasma arcaico. Forgia il passato, perché non c'è nessun arcaismo che pulito dalle scorie ci lasci il passato originario. Non c'è il passato originario e nemmeno il passato come modello o il passato come copia. Perché? Perché c'è la restituzione del testo e non la restituzione del passato.
Se poi l'inconscio esiste - teniamo la formula di Lacan per leggere ancora- sarebbe proprio quell'inconscio che nel precedente incontro sarebbe un luogo. Invece Verdiglione appunta l'impossibilità di trovare un luogo della nominazione, il luogo della possibilità dell'origine, il luogo del fantasma arcaico, il luogo del fantasma primordiale, come lo chiama Freud.
Non è che ci sia il fatto, ma c'è il fantasma, e anche quel fantasma è forgiato dall'idea di avvenire, è forgiato dall'idea dell'idea. L'idea dell'idea è un'idea dell'avvenire, non solo, è un'idea del presente, è un'idea del passato, è un'idea del tempo come durata. Non il tempo della lingua ebraica, che non ha i tre tempi, non ha la durata, e distingue tra quel che non è compiuto e quel che è compiuto. Addirittura quel che è compiuto diventa quel che rinasce, giocato sulle quattro lettere del tetragramma. La questione è Dio che rinasce e dopo diventa un personaggio?
È reperito dagli scribi il personaggio Gesù nella nominazione, nelle lettere della lingua ebraica. La questione dell'origine insegue il fantasma, ma perché lo fonda mai (nell’ebraismo). Lo insegue e lo dà, ma non è che ci sia, non è che ci sia la grotta, il mondo vuoto, la tana, lo scrigno, dove ci sia questo fantasma arcaico, fantasma del principio.
In tal modo l'identità in quanto ideale è stabile. La poesia si perde nel sessuale e qui la sessuale è la politica, è l'industria. La sessualità è molto di più del commercio e della produzione, che stanno nel labirinto.
Allora proseguiamo, sono moltissime questioni. Verdiglione legge Platone, l'ultimo libro della Repubblica, rispetto alla poesia.
Leggiamo e spigoliamo qua e là, e poi scriviamo le note in margine. “La scrittura per Platone è la «via regia» della follia”, e questa è la via regia tra virgolette, perché è una trovata di Freud la via regia all'interpretazione dei sogni. La formula è cristallizzata poi come “il sogno è la via regia all'inconscio”. Qui è la scrittura per Platone la via regia della follia, senza una padronanza possibile, senza un'autorità su di essa. Il concetto di scrittore rimedia alla follia con la riserva dell'autore, e le sue parole come staccate dal nome. Riserva fondamentale, profondità, sfondo; e in Germania anche il senza fondo, l'abisso. D'altronde nello Ione e nell'ultimo libro della Repubblica la poesia viaggia a fianco della follia, nell’atto. E viaggia ancora più a fianco della pazzia, nel discorso: è il poeta come l'invasato. Il poeta (ciascuno, non chiunque) non può economizzare la poesia o smettere di produrla. Entrambe, la follia e la sua impossibile copia, la pazzia, si affacciano nella scrittura di Pirandello, che narra di chi tira sulla corda pazza. Quindi non a caso la poetica, produzione ineconomica, è tolta dalla comunità, che risulta senza più avvenire, e per questo coltiva gli avvenire radiosi promessi e promossi dalle dottrine politiche.
Qui la poesia quale produzione economica ha il mito della copia della copia, come scrittura originaria si sarebbe persa, a vantaggio di un supplemento sostanziale, psicofarmaco. Come si legge ne “La farmacia di Platone” di Derrida. Negata la scrittura dell’esperienza è tolta la poesia, e sono negate le donne nella comunità dei filosofi che gestiscono la città. Al posto della questione donna: la vagina pubblica. Rare le analisi di questa vagina pubblica.
Appuntamento con le note in margine della lettura della conclusione del capitolo “Logica della follia”, pp. 27-29.