PAPA DUPLEX

Leggere Giancarlo Lehner, Bergoglio, da Cristo a Castro

Giancarlo Lehner, Bergoglio. Da Cristo a Castro, 2023, L’Opinione. Un’analisi? L’analisi? Una satira? Di che cosa è satura la lingua del 266º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma? Della lingua di legno e della lingua di fiele sociali? È satura dell’algoritmo definitivo? Della lingua di gomma che il titolo del libro dello storico, giornalista, politico annuncia nel titolo: “Da Cristo a Castro”? E viceversa? Nell’alternanza e nell’alternativa, nell’andata e nel ritorno? La cristocastrofilia è nata fra Buenos Aires e Roma? L’analisi del crocifisso falce e martello che è stato regalato a Bergoglio rileva tracce di gomma e di cancellazione dell’esperienza per la lingua del discorso presunto comune, quello del nuovo combinato disposto multipolare mondiale?

Il nuovo libro di Giancarlo Lehner, al quale dobbiamo la narrazione analitica della linguistica dell’esperienza mancata del comunismo (Gramsci, Lenin, Stalin, Togliatti e apparentati, nonché doppi e sosia) è un festival leggero sull’onda di una lettura avvolta nel pleonasmo dell’intellettualità che sfata la tragedia e sfata la commedia della vita. Rilevare, come fa Lehner, il passaggio di Jorge Mario Bergoglio dall’Imitatio Christi all’imitatio Castro richiede la lingua originaria e non il discorso elastico del multireligiosismo del papa che è “il primo vip del continente Ztl che indirizza su di sé gli strali della satira”. Mentre la “linguisteria” di papa Bergoglio è satura dell’unilingua liturgica e cerimoniale mondiale, la linguistica di Giancarlo Lehner è satira: è l’irrisione leggera delle caricature ambulanti del potere, e sono lieti frizzi e motteggi e parole nuove che narrano la ballata derisoria e beffarda del sosia di se stesso giunto al Soglio Pontificio.

L’homo duplex, due pesi e due misure (leggere anche Giancarlo Lehner, Due pesi/due misure, Mondadori, 1999), diventato papa è Bergoglio epistemico, castrista, e Bergoglio ipostatico, cristico. Nulla a che vedere con l’integro papa Ratzinger nell’integrale discorso di Ratisbona. L’integralismo non è di Benedetto VI ma dei suoi calunniatori.

Giancarlo Lehner ammette di trovarsi nella posizione impossibile di rilevare le istanze intellettuali del “ramo” cristiano e del “tronco” ebraico, pur non praticando nessuna assunzione delle religioni. Ecco “El Burlador” de Bergoglio, malgré soi.

Giancarlo Lehner, Bergoglio da Cristo a Castro: spie, indici, sentinelle, lucciole, segnali della direzione intellettuale dell’analisi del caso del papa della compagnia di Gesù che sta distruggendo la Chiesa di Cristo, secondo la profezia di Nostradamus, chiamata in causa non come citazione dotta ma come constatazione della procedura per disintegrazione che è lo specifico della metodologia castrista, ovvero urkommunist. La satira non è demolitoria, nemmeno della disintegrazione: dalla satira procede la danza dell’intelligenza, che dissipa ogni manovra della paura e la tentazione di sostituire alla vita la morte. È questa la moratoria infinita, che comprende anche la paura di Jorge Mario Bergoglio nei confronti di Vladimir Putin e di Xi Jinping. E nessun burocrate gli darebbe torto abbaiando.

Il libro di Lehner è un film quale palinsesto di strati infiniti di narrazioni, di analisi, di conti e racconti che restituisce non solo la vista ai ciechi ma ancora di più l’ascolto ai sordi, nonché la favella ai muti. La ricchezza è enorme: solo la lista delle citazioni di ciascun capitolo richiederebbe un laboratorio redazionale per un libro a più voci che si provi a rispondere ai primi quesisti. Le prime dieci citazioni in esergo del primo capitolo richiederebbero ciascuna un libro per cominciare un diario di lettura o almeno qualche nota in margine. “Ritengo che Jorge Mario tratti il sacro come un adultero la fedeltà coniugale” è dello stesso Lehner. Ancora prima di cominciare l’analisi, il tono della canzone danzata (la “ballata”) offre la direzione intellettuale: non è un dileggio canzonatorio.

Potrebbe sembrare canzonatorio “Da Cristo a Castro” e invece è la constatazione dell’applicazione del principio di uguale, il principio dell’ultimo comune uguale. È l’urkommunismus di cui parla Armando Verdiglione. E così Bergoglio “giunge alla parificazione tra sciamanesimo e cristianesimo, uno vale uno, l’uno vale l’altro” (p. 22). Cristo vale Castro e Castro vale Cristo. In tal senso Bergoglio è “diversamente pontefice” (p.26) e “sembra lavorare d’impegno all’opera di atterraggio forzato finalizzato allo schianto” (p. 39).

Lehner convoca anche le voci del dissenso interno al pontificato di Bergoglio, e legge in particolare e irreligiosamente l’approccio che è stato quello teologico di Joseph Ratzinger e della sua analisi della scristianizzazione dell’Europa.  E questa di Lehner è generosità intellettuale: solo l’asse di lettura degli enunciati del papà Francesco offre gli indizi dello smarrimento che non è solo quello del pontefice ma quello dell’ideologia mondialista, fra i suo blocchi oligarchici e le sue “colle” coomologiche polipletiche (le moltitudini). Bergoglio non chiama mai per nome gli assassini (p. 49): nel rispetto per la procedura per disintegrazione. La guerra è una sconfitta (Bergoglio, 8 ottobre 2023) non Hamas.

Nel comunismo, come accade, “ci ritroveremo tutti insieme, polverizzati dalla par condicio della morte” (p. 77). Il pensiero della morte è la liturgia stessa della morte, la sua dettatura e dittatura; e il cerimoniale è l’esecuzione della liturgia, è la moratoria, l’accettazione del blocco e della colla, la loro fusione e confusione (è lucido Bergoglio sulla paura?) nella gomma, che durando quel che dura si polverizza. La spiritosaggini papali sono frutto della gomma dell’homo duplex (epistemicamente sicuro e ipostaticamente insicuro), che cancella i peccati senza più l’ausilio dell’acqua santa. Da qui per Lehner “l’imperativo categorico di preservare il sacro dalle spiritosaggini papali” (id.). E per questo afferma: “non mi sarei mai sognato di prendere per il culo un pontefice, se questi non si fosse da solo ridotto a demagogo, a coso profano, a scherzo da prete più che Sua Santità” (p.80).

Ciascun lettore è invitato a leggere la cifra della “sagra di San Cazzaro”, che è anche il titolo di un capitolo del libro di Giancarlo Lehner: “un papa che s’inchina ai parametri della propria epoca” (p. 95), che è quella di “una sorta di Disneyland della fede” (p. 113). La stessa Disneyland in cui “gli islamici leggono sine glossa il Corano” (p.126).

Da Benedetto XVI a Ratisbona a Francesco a “Che tempo fa” non c’è nessuna passerella. La curia oligarchica (pleonasmo) dorme sonni tranquilli dopo l’incubo di disturbare le cancellerie del pianeta, che oggi si saziano del “fritto misto della nuova chiesa” (p. 130). È un fritto misto guarito dal Maligno, sostituito nell’equazione dall’altra faccia del principio di uguale, il suo colmo: il principio d’ineguale. “L’ineguaglianza è la radice del male” (p. 143) . L’omologia e l’omotopia sono nella completezza, nella consistenza, nella perseveranza e nella pervicacia. Scommettere su Castro e sul minimo comune ultimo vale a sradicare il male. Peccato per Cristo che deve annullare la parusia.

È un’esagerazione parlare di homo duplex anche a proposito del “vescovo di Roma”? È piuttosto la conferma del “papa duale” (p. 155): del papa doppio, del doppio papa, della copia impossibile del papa emerito, della negativa del papa emerito, del papa dicotomico, del papa epistemico e ipostatico, algebrale e geometrale, liturgico e cerimoniale, buono (per gli uni) e cattivo (per gli altri). Il papa sosia di se stesso. Il papa barone o più modestamente baro, che gioca con i Vangeli truccati, ove Castro sta al posto di Cristo. È questo il fardello del comportamento, dei portatori sociali. Curioso come poco dopo l’insediamento di papa Jorge Mario, un noto comico italiano lo metta in scena come portatore di un frigorifero a un fedele bisognoso.

Ecco l’amara conclusione di Giancarlo Lehner: «Quando un miscredente come me è costretto a difendere l’ABC del cristianesimo dagli svarioni premeditati di un papa vuol dire che Sancta Romana Ecclesia si trova veramente in pericolo» (p.188)

Di questo papa Bergoglio resterà la teologia della migrazione, figliastra della teologia della liberazione (p.200)? Cristo non si è fermato a Eboli: è emigrato a Cuba. E a Cuba canta in coro, pronto a mettere i suoi fratelli all’inferno quando glielo chiederà il suo Mandante.

Solo i lettori più immuni alla propagande mondiali e insensibili alle cancellerie della quadratura del mondo sono in condizione di leggere, alla quasi conclusione del libro: Le tavole del pensiero politicamente corretto (p. 202).

Giancarlo Lehner lascia le ultime parole alla profezia (1969) del giovane Ratzinger: «La rinascita sarà opera di un piccolo resto…» (p. 204).

Il “resto” è la qualità assoluta, il capitale della vita: nulla di comune, nulla di comunista.

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