7 ottobre. Il più grande eccidio di ebrei dalla Shoah

La questione israeliana, la questione palestinese

Senza la questione israeliana la cittadinanza planetaria non troverà mai la sua saga.

La cittadinanza palestinese è incompatibile con lo statuto di Hamas.

La cittadinanza europea non si lascia cancellare dal partito di spirito, partito conforme

all’oligarchia mondialista.

Armando Verdiglione

 

C’è chi si chiede: cosa possono fare gli europei che non intendono soccombere all’islamizzazione della scena e del corpo?

 

Tra due propagande si gioca la negazione della vita, la negazione della cittadinanza planetaria.

Il conflitto è ingiustificabile. La questione dell’origine del conflitto è senza la parola, che non ha luogo. È così che il conflitto ha luogo, come fantasma: è il luogo comune, la guerra comune, il pacifismo comune che conferma l’ultima guerra in nome del bene.

La questione dell’origine non è la questione originaria, la questione aperta, la questione intellettuale, che si precisa anche come questione della cittadinanza. Nessun luogo dell’originario che fissi un’origine che rivelata risolva la guerra fra originari. Anche la fitna, la guerra interna islamica è una guerra per l’origine in tutte le dicotomie che spalanca, come il jihad, la guerra esterna fra fedeli e infedeli. La fitna è la guerra fra l’origine famigliare e l’origine tribale dell’islam. È questa la realtà effettiva e effettuale della questione? È un fatto con due interpretazioni? Sigmund Freud già nel 1897 giunge a constatare nella sua esperienza di parola che nell’inconscio non c’è segno di realtà. È per questo segno che non c’è, che si scannano i popoli, altroché scontro di civiltà: è uno sterminio d’inciviltà.

Le guerre tanatofagiche non finiscono mai, e ognuna si dà come l’ultima. Se noi facciamo la fenomenologia del cannibalismo di Hamas e del cannibalismo di Netanyahu cercando di spostare l’asse delle responsabilità e di fissare il punto di discrimine, siamo nell’autofagia e nell’allofagia. Quel che appare non è la realtà intellettuale, che si restituisce nella testimonianza civile. Tale testimonianza è incompatibile con la propaganda, con le fake news.

Hamas è una branca dei Fratelli Musulmani. E il padre: dov’era? E la madre? E la sorella?

Israele-Palestina: l’incendio, e dopo?

L’attacco della Palestina di Hamas va analizzato. La risposta di Israele (di Netanyahu) va analizzata. La storia e il mito della Palestina vanno analizzati. La storia e il mito di Israele vanno analizzati. La fase iniziata nel 1948 va analizzata. La rete islamica della Palestina e la rete occidentale d’Israele vanno analizzate. Se scriviamo rete islamica e non rete orientale è perché questa rete orientale è pienamente islamica, mentre l’occidente è un gelato alla fragola variegato.

Dichiarazioni simboliche e senza conseguenze sono state quelle degli amici di Israele specifici della sola prima settimana dopo il “diluvio”. In seguito sono cresciuti i “se” e i “ma”.

La “lotta contro il terrorismo”, anche analizzando la stagione terroristica italiana degli anni settanta, è lo slogan per impedire l’analisi in ciascun settore, in ciascuna questione. E come chiamare il 7 ottobre di Hamas in Israele? Diluvio sterminatore terrorista, orrorista? Iperpanicismo nazislamico, sull’onda del patto di Adolf Hitler e del Mufti di Gerusalemme, Amin al-Husseini?

 

L’orrorismo è la punta della vista: è il punto vista minimo comune ultimo. Vedere l’ultimo orrore per abbracciare la pace perpetua, dissolvendosi nel nulla, calunniando l’Altro dei propri crimini. È contro l’orrorismo dell’Altro che la comunicazione diretta è la fake news della pornografia della guerra.

“Lo scoppio di questa nuova guerra” sta al posto del massacro perpetrato da Hamas.

Chi cerca di spiegare è senza la piega, che è pragmatica; e quindi è la stessa cosa di “giustificare”. Il giornalismo scientifico si attiene alla linguistica dell’esperienza e non a uno dei vari discorsi della guerra, ammantati di pace. La cittadinanza non appetisce i “fatti” e nemmeno le “opinioni” comuni. La testimonianza civile non s’insegna nelle lezioni di giornalismo: è un optional, raro, apparentemente misterico.

Hamas non è il porta bandiera della resistenza palestinese, poiché cerca di tenere sottomessa e prostrata la cittadinanza.

Non è questione che l’occidente si avvalga della questione palestinese: vale alla riduzione in servaggio dell’occidente islamizzato. È questione che la cittadinanza palestinese si avvalga della questione israeliana come questione della cittadinanza planetaria.

Il massacro di civili israeliani del 7 ottobre 2023 non riuscirà a spegnere la cittadinanza israeliana, che non è appannaggio di nessun partito politico. La cittadinanza non è una categoria filosofica, psicologica, sociologica, antropologica: la cittadinanza è intellettuale, come proprietà della parola di ciascuno come dispositivo di vita inderogabile, irrinunciabile, indistruttibile, irrevocabile. Senza eroi e senza autonomi.

Chi si agita o si paralizza fra la cancellazione dei palestinesi dal paesaggio israeliano e la cancellazione degli israeliani dal paesaggio mondiale scherza con la morte per paura della vita. E non può intendere, per altro, perché in Cina non ci sia quasi nessun ebreo e le manifestazioni del potere siano pro Palestina.

Scherza con la morte anche la formula stirata e inamidata di qualche scrittore illuminato al fosforo: “Per la Palestina…. Per Israele, al contrario…”. Come se Israele fosse il contrario della Palestina.

Ironia: perché i palestinesi sopravvivono nei campi profughi e gli ottocentomila (accertati; le ipotesi vanno sino a 2 milioni) ebrei cacciati dai paesi arabi nel 1948 non sono sopravvissuti in nessun campo profughi? Com’è che due miliardi di musulmani non possono accogliere in modo degno i palestinesi, come l’occidente di 721 milioni di abitanti ha accolto il milione di profughi ebrei?

Per le canaglie, Israele sarebbe la parte che malmena il diritto internazionale. Come? E l’Iran? E il Qatar? E gli altri paesi islamici? E il tiro al bersaglio contro l’ebreo nell’occidente in mal d’occidente?

Che i terroristi di ieri siano i dirigenti di domani (Alain Gresh) non li assolve.

L’homo duplex ha il doppio livello. L’uomo gnostico, governato da due idoli spacciati per dio: l’idolo benefico e l’idolo malefico. La propaganda afferma il suo beneficio contro il maleficio dell’altro e della sua propaganda. Il giornale che si dichiara non allineato, nel secondo livello è allineatissimo. Lo si nota dagli stessi tic linguistici dei vari giornalisti allineati al non allineamento. Eppure non è questione di scoprire l’homo duplex e la sua lingua biforcuta, nonché i suoi progetti e i suoi programmi doppi. Anche nel caso della scrittura dell’homo duplex di Meßkirch, una volta reperito il doppio livello, i suoi decknamen sotto le presunte categorie filosofiche pure e radicali: l’analisi, la lettura, la narrazione, la lezione, la testimonianza civile, devono ancora cominciare. I nomi in codice del doppio livello sono asterischi per l’analisi, non sono la soluzione dell’enigma: si è ancora nella stessa trappola dell’urnazista.

Chi fa la fenomenologia di Hamas o la fenomenologia di Netanyahu è già in trappola, anche quando è eruditissimo in materia. Sono gli asterischi e la linguistica del caso a offrire la direzione alla cittadinanza, che non sta nel paradiso della parola, ma oltre, nel sinodo, non a caso ostaggio del discorso religioso. Il sinodo non ha nulla di religioso: è pragmatico, sessuale, poetico.

L’idea del progetto e del programma è circolare, doppio: viene affermato come evoluzione e progresso e si realizza come involuzione e regresso, nell’alternanza e nell’alternativa del bene e del male, della vita e della morte.

Le immagini di unione amorevole dei contrari riprodotte con la cosiddetta IA generativa. Il generativo è senza generazione, senza pragma, senza tempo, senz’Altro. Il fratricidio è ricoperto dall’amore fra i popoli nell’abbraccio IA generativo di un bambino ebreo e di una bambina palestinese o di un bambino palestinese e di una bambina ebrea.  

Chi difende i diritti della minoranza è il candidato alla maggioranza futura che ingloba la maggioranza presente (che tiene sotto scacco la minoranza), che ha inglobato la maggioranza passata. I Fratelli musulmani furono fondati nel 1928 da Ḥasan al-Bannāʾ, poco più d'un decennio dopo il collasso dell'Impero ottomano. 1987: Ahmed Yassin fonda Hamas a Gaza, come braccio politico della Fratellanza, dopo lo scoppio della Prima Intifada, la rivolta palestinese contro l'occupazione israeliana della Cisgiordania, di Gaza e di Gerusalemme Est. Hamas ha come scopo fondativo quello di liberare la Palestina dall’occupazione israeliana e costruire uno Stato islamico. Liberare la Palestina vuol dire non liberare Gaza, non liberare la Cis-Giordania, ma il paese dal fiume Giordano al Mare, ossia vuol dire cancellare Israele, cancellare il diritto internazionale.  Nello statuto di Hamas modificato nel 2017, l’articolo 20 recita: «qualsiasi alternativa alla piena e completa liberazione della Palestina, dal fiume al mare».  Dal fiume al mare: zero Israele.

Anche il dettaglio che l’Iran sciita finanzia la sunnita Hamas indica un doppio livello, i due pesi due misure, la rana che barrisce e l’elefante che gracida.

Hasan al-Banna, il fondatore dei Fratelli Musulmani: «Israele esisterà e continuerà a esistere finché l’Islam non lo annienterà, così come esso ha annientato ciò che lo precedeva». L’annientamento è il genocidio.

Un ricercatore dell’università di Roma scrive: che l’annientamento coranico degli infedeli va letto attraverso le interpretazioni che i vari leader di Hamas ne hanno fatto negli anni!

Missionario in Russia dal 1989 al 2002, Stefano Caprio scrive di «una retorica globale per incolpare gli Stati Uniti e l’Occidente, tramite Israele come già con l’Ucraina, di tutti i mali dell’ordine geopolitico mondiale» (AsiaNews.it, “Mondo russo”, 11.11.2023). Professore di teologia, Caprio annota qui l’approccio demonologico che procede per distruzione e fa tabula rasa dell’Altro, della parola, del libro, dell’intellettualità. La demonologia applicata, anche da ogni propaganda, vale a mantenere e anche a accrescere il conflitto mondiale, che da millenni sembra naturale.

Inoltre la risposta di parte dell’Occidente d’attribuire tutti i mali dell’ordine geopolitico mondiale all’islamismo e in questa fase a Hamas è un autogol, come la cancel culture, il wokismo (vendetta penalpopolare), gli studi di genere, gli studi post-coloniali, il veganesimo e altro.

Dio e il contro-dio, dio e l’anti-dio, dio e l’anticristo, dio e l’avversario (etimo di Satana) sono aspetti gnostici. La guerra fra il bene e il male non solo è stigma del pensiero greco: è gnosi anche quando è monoteismo ebraico, cristiano, islamico. In particolare negli ultimi due secoli si è assestato il quarto modello di autarchismo: l’ateismo. E dove troviamo il modello nelle dottrine misteriche e sociali delle altre nazioni? Nel fratricidio che giunge sino nell’epoca presente dall’Egitto alla Persia, dall’India alla Cina, dalla Mongolia al Giappone… il fratricidio è l’approssimazione al figlio unico. Nell’alternanza e nell’alternativa della corrente sociale mondiale sinusoidale, il mega oceano, dove i blocchi si alternano con frequenza costante, è la palude che inghiotte i figli incerti, perplessi, smarriti, stremati più che estremisti.

La maggior parte delle guerre arcaiche, famigliari e tribali, anche in estensione, cessa per estenuazione, sfinimento e esaurimento di armi e di umani disumanizzati: è l’armistizio, sospensione d’armi, breve tregua. Talvolta è la guerra che dura cent’anni, talaltra è la pace che dura cent’anni. Questo nell’ontologia degli uni e nell’aveologia degli altri.

Che cosa vede l’uomo come animale politico, fedele? Vede le moltitudini di animali impolitici, infedeli. Gli schiavi dei Ramses, gli schiavi di Alessandro, la gleba di Cesare, le folle di Le Bon, le masse di Freud, le moltitudini di Negri e apparentati. La visione è dell’erotismo che si appaga col rogo, con le stragi, con i massacri, con i genocidi, sino alla mondovisione in diretta filmando con il telefonino l’orrore, il terrore, lo spavento, il panico.

Le guerre contro il nemico cessano quando la lingua dell’arte, la lingua della cultura, la lingua della scienza, la lingua della diplomazia s’instaurano. Chi le instaura? I capi di stato? I diplomatici? i popoli? Le comunità? Le aziende sul territorio? Se noi dicessimo che le instaura la cittadinanza, confiniamo la città e la civiltà in un club di eletti, che non potranno che governare gli esclusi. È la procedura per disintegrazione degli umani, nonché dell’humanitas.

La cittadinanza s’instaura nel gerundio della vita, facendo secondo l’occorrenza in direzione della qualità assoluta, non contro l’Altro, non contro il tempo, non contro il nemico, che è il proprio spettro.

Nessuna idea della cittadinanza: quel che resta di civile dell’operato dei partiti è quel che interviene come emulazione del tempo pragmatico, con i suoi nuovi dispositivi. Lentamente e sempre più, non resta la stagione di mani pulite, che pur prosegue con il penalpopulismo che l’élite usa per tenere sotto schiaffo l’intellettuale indipendente, anomalo, dissidente. Resta Bettino Craxi, come resta Aldo Moro e non i brigatisti rossi.

Un dettaglio ancora non colto con precisione: in Francia ci sono libri sulla distruzione dell’università come distruzione del sapere, fra vecchie e nuove baronie e paludi, più di luoghi comuni che di ideologie. In Italia c’è la distruzione dell’università, senza i libri sulla questione, non con il metalinguaggio filosofico-sociologico-antropologico-psicologico, ma con il turpiloquio. La “palude” diventa “liquame” e via in altre cessioni alla negazione dell’analisi: ognuno contro l’analisi cerca soluzioni. Ogni soluzione è finale. Chi oggi interviene? Per iperbole: chi sono oggi gli intellettuali? Gli imprenditori. Fra i rari che nell’immediato dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, ragionano, analizzano, scommettono, costruiscono. In breve, si attengono alla procedura per integrazione. Il decostruzionismo, non solo impedisce ogni impresa, ma anche la sua. Nella provincia Italia della filosofia c’è chi scommette sull’inoperosità.

Come ha notato Davide Cavaliere sulla rivista L’Informale: «la campagna contro la presunta “oppressione” di un gruppo nazionale minoritario è servita, di fatto, come strumento di aggressione contro lo Stato che l’ospitava». E cita il caso di Hitler e il caso di Hamas. E conclude: «Quando l’obiettivo è una nuova Shoah, nessuna concessione territoriale è sufficiente a placare la volontà di sterminio».

La pace non può che essere fittizia senza la trasformazione nell’atto di parola in cui ciascuno è dispositivo, se si rispetta la logica della spartizione planetaria fra oligarchie, in particolare il blocco Russia-Cina-Corea del Nord-India-Iran-Turchia-Venezuela. Nessuna pace ideale.

Non solo: la comunicazione fra i due blocchi è a doppio o a più livelli, e si riduce a proclami fratricidi. La stessa pace ideale è doppia o a più livelli. Se la cittadinanza è localizzata, se è ritenuta il luogo dell’uguale, allora è livellata, e la città appartiene al finito. E ogni cittadino nella chiusura della questione è ottenebrato. Eppure la cittadinanza non scende in piazza e non perché sia occupata dalla drammaturgia politica dei padroni della piazza. La piazza della parola è l’onda del gerundio, è il dispositivo di guerra senza nemico dinanzi, è il dispositivo clinico senza più pazzi e senza più criminali, nemmeno per senso di colpa.

 La pace è il sigillo del sinodo, dell’andare insieme, nell’oltre del paradiso, nel giardino della cittadinanza, che resta atopica e illocalizzabile, fuori dalla presa delle dittature e delle democrature.

Non c’è nessun malinteso d’origine da dirimere. Nessun malinteso al fotofinish di partenza. Il malinteso è anche spia del pragma.

La risposta alla questione è nei nuovi dispositivi, facendo, vivendo, non sopravvivendo nei cieli armati, non sotto vivendo nelle caverne armate. L’auditorium della cittadinanza è la piazza dell’ascolto.

Nessuna alternativa alla cittadinanza israeliana, nessuna alternativa alla cittadinanza palestinese. Per la cittadinanza palestinese: non c’è più Hamas, più nessun scudo umano per il jihad, più nessuna congiura dei grandi e degli scellerati.

La cittadinanza libera è quella di cui non c’è paura: la cittadinanza della testimonianza civile, la cittadinanza che si rivolge e si dirige alla qualità. La cittadinanza è il fiore del dispositivo di governo della civiltà.

Concludendo, nonostante le liturgie infernali e i loro cerimoniali esecutivi, dinanzi non c’è l’inferno. La lingua diplomatica ha dinanzi, oltre il capitale intellettuale, la direzione, la riuscita, la cittadinanza, il sinodo, che non ha nulla di religioso. È l’andare insieme, mai ottenuto con le trappole dell’amore e dell’odio. E i battenti dell’andare insieme sono i battenti della pace.

Andare insieme è una forzatura nella saga della vita. L’insieme è condizione dell’andare, del suo gerundio. L’andatura è una costante della lingua e della procedura per integrazione. È la procedura per integrazione a dissipare l’immaginazione e la credenza nelle procedure per disintegrazione, l’altro nome delle guerre. L’Italia ha il compito di ambasciatrice del rinascimento.

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