Calunnia
La pace è la ragione suprema della guerra: perché invocarla? La pace non è in principio: la pace è oltre i battenti del paradiso, oltre il sinodo, oltre l’andare insieme, non religiosamente per amore e non militarmente per odio. La guerra intellettuale introduce al sinodo, mentre la guerra arcaica, interna o esterna, di famiglia o di tribù, è una guerra fra idoli e spettri, dove ognuno è homo duplex, metà idolo e metà spettro. Il “palestinese” per l’occidente (in mal d’occidente) è idolo. L’”ebreo” per l’occidente (in mal d’occidente) è spettro. Oggi, come due millenni fa, l’ebreo è bersaglio della paura e dell’invidia, del sospetto e della calunnia. L’itinerario per dissolvere l’immaginazione e la credenza nell’idolo e nello spettro è nell’estrema difficoltà: richiede l’analisi di ogni discorso del potere, sia religioso, sia militare, sia di una con-fusione dei due.
Ogni occidentale conosce il jihad (non è femminile), ma non ogni occidentale conosce la fitna. Chi dispone di questa distinzione linguistica intende perché sia l’Iran a manovrare per la cancellazione d’Israele e perché l’Arabia Saudita intrattenga relazioni con gli Stati Uniti. Quindi pochi (rari) intendono l’appoggio dell’Iran alla Russia. Chi intende che l’antiamericanismo occidentale è antisemitismo radicale e puro? C’è anche chi, rarissimo, intende che la guerra contro l’Ucraina ha aperto un secondo fronte in Israele. Purtroppo in questa guerra Putin non è solo e la cosa non è riducibile alla disforica brigata spettacolare che gli lustra i coglioni nei media italiani e nei social.
Non è il passato che domina il presente: non sono le dottrine arcaiche del potere a dominare i tiranni, i despoti e vampiri. Ognuno riproduce economicamente l’idea che ha del presunto fatto ancestrale. È l’analisi della fantasmatica arcaica a dissipare l’ingranaggio che tiene vincolato ognuno alla guerra infinita, sempre l’ultima.
Non c’è alternativa all’intellettualità, all’arte, alla cultura, alla scienza della parola (irriducibile al discorso scientifico). L’assenza di direzione intellettuale, di analisi, di lettura, di impresa, di poesia, non arriva a cancellare la vita. I regimi, duri e molli, non tollerano la parola. E la cittadinanza dimora nella parola.